Sulla presunta perdita di differenza tra i sessi

Molti di noi, frequentando a lungo gli ambienti blackpill/redpill, si sono spesso trovati di fronte ad esternazioni più o meno simili a questa: “Le problematiche incel sono dovute alla confusione instillata in Occidente: l’uomo si è femminilizzato, la donna mascolinizzata”.
Cambiano le sfumature, i dettagli e i pareri in merito a ciò, ma il contenuto rimbomba sempre uguale come un’eco in tutti gli ambienti in cui vi siano legittime lamentele riguardo la condizione maschile o il decadimento socio-culturale.

Personalmente ho sempre avuto un senso di straniamento di fronte ad esternazioni simili, pronunciate spesso da chi a parole diceva di voler aiutare gli uomini, o esprimeva posizioni generalmente di supporto alle problematiche maschili. Come molte volte in cui si avverte un senso di straniamento, la motivazione era fondata. Semplicemente, una confusione dei ruoli e una sorta di “androginizzazione” della società era l’esatto opposto di quello che vedevo e sperimentavo, e l’esatto opposto di ciò che il femminismo e il ginocentrismo stavano causando.

Ma come mai questo capovolgimento della realtà? Da dove deriva questa enorme fallacia che crea false premesse e dunque false conclusioni?

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Socialismo e potere sessuale

Visto che il sito di Gigapill dove l’articolo era stato originariamente postato è stato sospeso, si è pensato di riproporlo integralmente qua per evitare la sua scomparsa definitiva dal web (Nota di Millennial Doomer)

In una scena del suo bellissimo documentario My Brothers and Sisters in the North, la regista sudcoreana Cho Sung Hyung visita il parco acquatico di Munsu e nota che nessuna delle bagnanti porta il bikini. Un gestore del parco osserva: «Non ci è permesso indossare il bikini. Non si accorda ai nostri costumi. I nemici tentano di rovesciare il nostro paese, l’ultimo paese socialista rimasto, usando le influenze culturali delle loro strategie ideologiche. Noi ci difendiamo. Ecco perché non è consentito indossare il bikini qui».

Che cosa c’entra il bikini con la strategia ideologica dell’imperialismo? Ascoltando quelle parole, non ho potuto fare a meno di ripensare all’ultimo romanzo di Vsevolod Kočetov: Ma, insomma, che cosa vuoi?. L’intreccio gravita attorno alle peripezie di una squadra di agenti del blocco occidentale che, infiltrati in Russia sotto le mentite spoglie di un gruppo di studiosi d’arte sacra, eseguono i piani di diversione ideologica per minare la fede dei sovietici nella causa del socialismo.

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Le spose di TecnoSatana

Dopo mesi di inattività dovuta ad accasciamento (ho recentemente compiuto 30 anni da kissless virgin) vi propongo la traduzione di un breve post degli amici francesi del blog Les Trois Étendards. Del resto oggi è Halloween, e si può dire che sia il titolo che la tematica trattata siano abbastanza orrorifici, considerando che implicano una situazione presente e futura in cui la vita relazionale e sessuale sarà ben misera per buona parte dei giovani maschi sotto o addirittura nella media estetica. Vi auguro una buona lettura, spero apprezziate sia i contenuti che la mia traduzione, per la quale mi son preso qualche “libertà” come mio solito.

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Considerazioni sulla “liberazione sessuale”

La “rivoluzione sessuale” mirava in origine a facilitare i rapporti sessuali liberandoli dalla morale cattolica e dall’ipocrisia borghese, ma tutti i dati disponibili mostrano che essa ha determinato una drastica diminuzione dei rapporti per una gran parte degli uomini.

Alcuni parlano di un riflusso che avrebbe tradito la premessa della rivoluzione sessuale riconducendola entro la logica della monogamia, mentre a nostro avviso l’ha invece pienamente realizzata o, per meglio dire, ha mostrato che le sue teorie fondative non tenevano conto di alcuni fattori essenziali, relativi alla natura della sessualità femminile e ai criteri di selezione delle donne. Proviamo a sintetizzare i passaggi del ragionamento.

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Perché non dovresti mai utilizzare Tinder se sei un uomo non attraente

Oggi vi porto la traduzione dell’articolo Why You Should Never Use Tinder as an Unattractive Man, pubblicato da Randy Thompson sul sito incel.blog.

L’ascesa delle moderne app di incontri come Tinder ha aperto la strada a un cambiamento epocale su come le persone si frequentano in ambito sessuale e relazionale. Secondo Stanford, l’incontro online è diventato il mezzo principale con cui le coppie statunitensi entrano in contatto. Questo diventa ancora più vero nell’era delle quarantene e delle chiusure per COVID-19.

Tuttavia, se sei un uomo poco attraente, queste app sono una totale perdita di tempo. Sono specificamente progettate per succhiare denaro dagli uomini che hanno perso la lotteria genetica. La stragrande maggioranza dei soldi che queste app guadagnano proviene da uomini che credono di poter in qualche modo “bypassare” il sistema e ottenere corrispondenze. La realtà come uomo sulle app di incontri è che, a meno che tu non sia attraente, non riceverai messaggi o molti match, sempre che tu ne riceva.

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In difesa della “white sharia”

Oggi vi propongo la (parziale) traduzione di un controverso articolo di Sacco Vandal sul concetto di “white sharia”, che sono sicuro solleverà polemiche e io stesso non condivido pienamente, ma costituisce a parer mio uno spunto interessante per cogliere l’ipocrisia di certa destra politica odierna che afferma di voler difendere l'”identità” e la “tradizione” per poi omologarsi totalmente ai dogmi liberali per quanto riguarda la degenerazione sessuale e la sacralizzazione del libertinaggio femminile. Buona lettura.

Donald Thoresen ha recentemente scritto una critica al meme della “white sharia”, in cui ha affermato che i sostenitori del suddetto meme soffrirebbero di “odio per se stessi… e interiorizzazione della sottomissione dei bianchi”. In qualità di uno dei creatori originari del meme – che è stato diffuso per la prima volta sul mio podcast, The War Room, alla fine del 2016 – vi assicuro che semplicemente non è questo il caso.

Nel suo pezzo Thoresen si chiede perché qualcuno possa essere “attratto dalla brutalità del mondo islamico”, e consiglia a coloro che amano il meme della “white sharia” di “decolonizzare se stessi”. Sfortunatamente, è Thoresen che ha bisogno di decolonizzare se stesso. Sembra aver interiorizzato i tentativi in atto di trasformare i nostri uomini in molluschi deboli ed eccessivamente civilizzati. I nostri nemici hanno facilitato questa menzogna proprio per disarmarci prima di finirci. Ma, in realtà, la barbarie non è estranea agli europei.

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Sulla “liberazione” sessuale

Oggi vi propongo la traduzione di un discorso tenuto nel 2008 da Roger Devlin ad Atlanta, in cui viene sottolineata la fondamentale importanza della monogamia come base del tessuto sociale e comunitario. Visto che qualcuno potrebbe accusarmi di “tradcucchismo” o roba simile per questo articolo, ci tengo a precisare che io ho sempre ritenuto la monogamia presupposto indispensabile per la soluzione della “questione incel”, poiché l’enorme squilibrio di potere sessuale tra uomini e donne può essere risolto solo in tal senso, mentre in un “mercato sessuale” assoluto e non regolato si creano automaticamente gli squilibri che vediamo oggi, a tutto vantaggio delle donne e di pochi uomini con alto LMS che hanno dei veri e propri harem a loro disposizione, e ovviamente a svantaggio dell’uomo medio che deve sgomitare per le “rimanenze” in un contesto caratterizzato da una competizione estrema sul piano estetico e delle risorse socio-economiche. Ma vi lascio ora alle parole di Devlin.

Che cos’è la “liberazione sessuale”? Di solito se ne parla in contrasto con i vincoli del matrimonio e della vita familiare. Sembrerebbe essere una condizione in base alla quale le persone avrebbero più possibilità di scelta rispetto al sistema monogamico tradizionale. La “filosofia Playboy” di Hugh Hefner sembrava offrire agli uomini un maggior numero di opzioni rispetto ad andare a letto con la stessa donna ogni notte per cinquant’anni. Il femminismo ha promesso alle donne che le avrebbe liberate dalla “fatica domestica” e avrebbe trasformato il matrimonio e la maternità in una delle tante scelte di vita.

In definitiva, l’ideale della liberazione sessuale si basa su una confusione filosofica che io chiamo “assolutizzazione della scelta”. L’illusione è che si possa in qualche modo ordinare alla società di consentirci di scegliere senza per questo diminuire le nostre opzioni future. Controllo delle nascite, aborto, destigmatizzazione dei rapporti occasionali, divorzio arbitrario e unilaterale: tutto questo ci è stato proposto come un modo per ampliare le nostre scelte.

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Il crossover che nessuno si aspettava!

Ritorno a postare sul blog, dopo un periodo di inattività dovuto a vacanze estive e depressione, per segnalare l’uscita di un libro pubblicato dai ragazzi del Britney National Party a cui io ho collaborato (ovviamente a titolo gratuito) per la traduzione e l’editing, e per il quale ho scritto un’introduzione in cui tra le altre tematiche tocco anche la “questione incel” in quanto problema pressante che colpisce sempre più giovani maschi che quando non sono ignorati vengono criminalizzati dal dibattito pubblico e dagli esponenti dei partiti politici liberali e para-liberali. Il volume in questione è il “Manifesto Nazional Bolscevico” di Karl Otto Paetel, da oggi disponibile su Amazon (ricordate sempre: cavalcare la tigre utilizzando il sistema per abbattere il sistema).

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Femminismo, socialismo e liberalismo

Qualche giorno fa stavo controllando la casella di posta elettronica collegata al blog e ho notato che mi era arrivata una mail da parte di un lettore, il quale mi ha scritto sia per complimentarsi per i nostri articoli (e per questo lo ringrazio) sia per invitarmi a (cito più o meno testualmente) “scrivere di più sui danni del socialismo: questo non per parlare di politica (a me poco frega), ma per evidenziare come le femministe si stiano sempre più servendo (e stiano sempre più pressando) dello Stato-provider per scaricare i costi della loro libertà/irresponsabilità e pagare i loro capricci e i loro problemi su quel famoso 80% di scarto (tutte emancipate, uguali e indipendenti…. ma poi io devo pagare i bonus-bebè dei figli degli altri, i bonus babysitter dei figli degli altri, l’Università dei figli degli altri, assorbenti, fino ad arrivare alla proposta spalleggiata dalla Carfagna sulla minore tassazione per le donne….)“.

Sicuramente il lettore ha sollevato una questione assai pressante non solo per gli incel ma anche per tutti gli uomini in generale, anche se a parer mio sarebbe meglio assumere una prospettiva differente a riguardo: ovvero quella secondo cui l’assistenzialismo statale, seppur originatosi in passato da istanze di matrice social-comunista atte a diminuire gli squilibri economici e sociali, oggi sta venendo indirizzato sempre più in favore delle donne non da un presunto “socialismo” (che nel mondo occidentale è scomparso dalla scena politica a partire dalla dissoluzione dell’URSS e dalla nostra omologazione totale al liberismo), ma da quelle stesse forze liberal-capitaliste che spingono per il femminismo, la social justice e la “discriminazione positiva” degli uomini “bianchi cis etero”. E in effetti se ci si pensa queste proposte non vengono certo dal Partito Comunista di Rizzo, ma esclusivamente da formazioni che si collocano all’interno dello spettro liberale, sia di “destra” che di “sinistra” (per quanto questi termini abbiano ormai perso gran parte del loro significato); del resto Mara Carfagna (quella che vorrebbe istituire incentivi economici destinati esclusivamente alle donne) non è del PD ma di Forza Italia, il partito di centro-destra del milionario Silvio Berlusconi le cui politiche economiche sono totalmente ascrivibili al liberismo e non certo a istanze socialiste. Ed è bene tenere a mente che oggi la propaganda femminista e “progressista” non passa solo dalla Rai e dai giornali del gruppo Elkann (che tra l’altro “socialisti” non sono) ma anche dalle reti Mediaset (si vedano ad esempio gli innumerevoli servizi del seguitissimo programma Le Iene a riguardo), sempre di proprietà del già citato Berlusconi, i cui figli Luigi, Barbara ed Eleonora sarebbero tra l’altro dietro il successo mediatico del noto brand femminista Freeda.

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Le femministe iniziano a gettare la maschera

Come tutti ormai sappiamo, la maggior parte delle femministe al momento ci tiene ad assicurare costantemente di ambire a una presunta “parità” tra i generi, accusando chi le contraddice di essere un “maschilista patriarcale”, un “patetico incel” o chissà che altro. Molte di loro, a cui si aggiungono anche individui auto-dichiaratisi pro-incel come ad esempio Marco Crepaldi, psicologo che si definisce a favore del “femminismo paritario”, affermano che le carenze sessuali e relazionali che attualmente colpiscono i celibi involontari, nella quasi totalità giovani maschi, deriverebbero da “ruoli di genere” che svantaggerebbero gli uomini caricando su di loro pressioni a cui non tutti sarebbero capaci di far fronte. C’è però da dire che questi cosiddetti “ruoli di genere” erano sicuramente più radicati in passato piuttosto che nella società odierna, eppure fino a un paio di decenni fa qualsiasi uomo aveva la possibilità di trovare una compagna più o meno pariestetica, mentre oggi una fetta sempre più grande di giovani maschi viene tagliata fuori da qualsiasi dinamica relazionale e sessuale. Non è che magari il “problema incel” non scaturisce da un presunto “patriarcato” ma appunto dall’affermarsi dell’ideologia femminista a livello mainstream, oltre che dall’utilizzo sempre più capillare di social e app di incontri che permettono alle donne (brutte comprese) di selezionare i propri partner su base esclusivamente estetica da una lista praticamente infinita di pretendenti come se fossero al supermercato?

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